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In the mood for Japan – 2
- Novembre 21, 2013
- Pubblicato da: Gestore Roma
- Categoria: Blog Racconti di viaggio
di Federica Lombardo
Bagni, terme, saune e altre delizie in Giappone
“In the mood for Japan”. I servizi igienici in Giappone sono un’esperienza che merita uno spazio tutto per sè. Sarò sicuramente ripetitiva, ma i bagni, anche quelli pubblici, sono pulitissimi e super elettronici. Non esiste lo sciacquone come lo intendiamo noi con un pulsante che attiva,se tutto è funzionante, l’acqua di scarico. Sul muro accanto alla tazza c’è una vera centralina di comando con molteplici tasti dalle funzioni diverse: uno per attivare un discreto getto d’acqua, direzionato verso il fruitore, per semplici risciacqui di routine; un altro che scatena un getto più importante ed energico per far fronte a situazioni più complesse; il tasto con la nota musicale che permette di diffondere melodie che possano coprire rumori molesti; un altro ancora grazie a cui si può avviare la disinfezione della tazza (prima e/o dopo a scelta). In alcune case c’è anche un pulsante per attivare il riscaldamento della tavoletta. Ovviamente esiste anche il tasto per lo sciacquone, sostituito, nei bagni più sofisticati, da una luce a led che fa partire lo scarico in automatico. Se la prima volta (di solito in aeroporto), non riuscite ad abbandonare la cabina toilette dopo i tre-quattro minuti necessari per una banale pipì, ma rimanete a combattere con i pulsanti, tutti, che avete attivato contemporaneamente, bisogna mantenere la calma: esiste anche un pulsante con il simbolo di un quadratino che interrompe tutto.
Tutti matti per il pulito!
Per i giapponesi l’igiene è quasi un’ossessione. Guardando la tv ho notato che almeno tre pubblicità su cinque sono di prodotti per l’igiene personale o della casa. Nelle abitazioni gli spazi per i servizi sono nettamente separati dalla zona doccia/bagno. Quest’ultima è una camera, tutta piastrellata, più o meno grande, in cui si trova la vasca e, a parte, la doccia che di solito si fa stando seduti su un seggiolino di plastica. E rigorosamente vietato fare il bagno senza aver fatto prima la doccia. La frequenza e l’intensità dei lavacri è sconcertante.
Le terme in Giappone
Non paghi delle molteplici docce quotidiane i giapponesi frequentano abitualmente anche le terme con annessa sauna, luoghi di facile accesso a prezzi relativamente modici. Con la mia amica Nana, da cui sono stata ospite a Chiba (un quartiere enorme alla periferia di Tokyo), in una sera di chiacchiere e noia, ci siamo rifugiate in una complesso termale vicino casa. Appena entrate scorgo un cartello con su scritto in giapponese e inglese Vietato l’ingresso se hai tatuaggi e tanto è lo stupore che dimentico di togliermi le scarpe. Si scatena attorno a me un fermento di sussurri e gesti che mimano l’atto di sfilarsi i putridi calzari. Finalmente capisco e, scarpe in mano, chiedo a Nana il perchè di questo divieto. Niente a che vedere con motivi igienici: in Giappone si tatuano solo i componenti della Yakuza, la mafia giapponese. Molto semplicemente la presenza di questi loschi figuri non è gradita nelle terme frequentate da gente comune. Invece noi, dalla pelle candida come la neve, dopo doccia e shampoo, possiamo accedere al paradiso: vasche di acqua fredda, calda, elettrizzata, dolce, salata, idromassaggio, meravigliose piscine all’aperto, sauna in cui è possibile fare uno scrub con sale grosso mescolato a profumatissime foglie di tè verde. Tra un abluzione e l’altra e il timido vociare delle donne, si sciolgono i racconti di vite lontane e si riannoda il filo di una solida amicizia. All’uscita un tè verde bollente, che sorbiamo in rilassato silenzio.
Thermae Romae
Sono consapevoli i giapponesi di essere all’avanguardia nel settore, bagni, terme, saune e altre delizie? Dopo aver visto Thermae Romae, penso proprio di sì. È un film nippo-kitsch, tratto dal manga omonimo di Mari Yamazaki, che in patria ha riscosso grande successo. Il protagonista, Lucius (il bellissimo Hiroshi Abe), architetto di terme al servizio dell’imperatore Adriano, in un momento di crisi creativa, si ritrova a viaggiare avanti e indietro nel tempo tra la Roma imperiale e il Giappone moderno, da cui importa innovazioni tecniche moderne nel suo tempo. Giapponesi vestiti da antichi romani, una storia d’amore con improbabili limiti spazio-temporali, un’ironia sul filo del grottesco che non scade mai nel cattivo gusto, rendono Thermae Romae un film tanto assurdo quanto divertente. In fondo, lo stupore del nippo-romano Lucius davanti ai getti anomali della tazza del wc, è anche il nostro. E’ forse nell’autoironia che risiede la vera consapevolezza di sè?
Si fa, non si fa!
Districarsi tra la miriade di regole di buon comportamento e divieti, non è facile. Si rischia di commettere errori mostruosi, anche agendo con le migliori intenzioni. Tanto per cominciare i soldi non si passano mai di mano in mano. Quando si paga, bisogna mettere i contanti o la carta su un piccolo vassoio che viene garbatamente ritirato e restituito con resto e/o ricevuta. Dare o prendere il denaro dalle mani di qualcuno è un atto volgare e scortese. Saltare il passaggio vassoietto e poggiare il denaro direttamente sul bancone è, ahimè, un atto di grande maleducazione. Nelle cartolerie, peraltro bellissime, esiste un intero reparto di buste molto raffinate dove mettere i soldi che si regalano per matrimoni o altri eventi.
I doni
Il rapporto dei giapponesi con i doni è singolare. Raramente scartano i regali in presenza dell’offerente. Preferiscono farlo in privato perché così, se il contenuto non dovesse essere di loro gradimento, non rischiano di tradire il disappunto con un’espressione del volto. Una sensibilità che ai nostri occhi può essere scambiata per scortesia, se non si conoscono i motivi di tanta prudenza. Tanto più che noi siamo abituati fin da piccoli a squarciare la carta dei regali, come il leone che fa a brandelli la preda.
Niente starnuti in Giappone
Per tradizione i giapponesi dormono sul futon, un materasso leggero e pieghevole, adagiato sul tatami, stuoia di paglia di riso intrecciata e pressata. Quando il tatami è ancora fresco fa un odore che immagino molto simile a quello dei cumuli di fieno su cui si lanciava Heidi nella baita del nonno. Durante la mia permanenza in Giappone ho dormito su un tatami nuovissimo, a cui ho scoperto di esserne allergica. Una tragedia. Perché in Giappone starnutire e soffiarsi il naso in pubblico sono atti assolutamente indecorosi. Al risveglio, un susseguirsi incontrollato di starnuti mi faceva sprofondare nello sconforto. Qualcuno mi stava sentendo? Probabilmente sè e, nel dubbio, a tavola per la colazione, ogni sorso di caffè era seguito da un Sorry. Meno male che non sono partita in primavera!
Sorbire la zuppa
Nella dieta nipponica è prevista una gran quantità di piatti, la maggior parte dei quali a noi misconosciuti. Effettivamente nei ristoranti giapponesi in Italia si trovano dei menù standard con una minima parte della variegatissima scelta locale. Le zuppe, in un pasto tipico, sono sempre presenti e le varianti su tema sono moltissime: con e senza uovo, semplici o con gli udon, con verdure e/o carne, con alghe, con pesce, con tofu crudo o fritto, in combinazioni sempre diverse e buonissime. La banale zuppa di miso è solo la punta dell’iceberg di un sommerso mondo di bontà. Quando si mangia la zuppa, bisogna fare rumore: l’indice di gradimento del piatto è direttamente proporzionale all’intensità del suono che si emette nel sorbirlo. È difficile abbattere anni e anni di non fare rumore mentre mangi! E mastica con la bocca chiusa! Anche se ti chiedono, preoccupati, perché non gradisci il cibo e sai che l’unica risposta adeguata sarebbe un sonoro risucchio. Il massimo che sono riuscita a produrre è stato un sibilo, talmente insignificante da passare inosservato. Per una volta, dalla parte della compostezza.
[http://www.youtube.com/watch?v=4DdesAVJFIU]
Pantofole
Non è un caso che le infradito siano nate in Giappone: sono facili da sfilare e infilare e, dato che ci si toglie le scarpe per accedere a quasi tutti i luoghi al chiuso, sono adattissime a quest’uso. Così come gli abiti tradizionali, non vengono più usate comunemente: si indossano per occasioni speciali, per l’appunto sotto il kimono o lo yukata. Nelle abitazioni, appena entrati, è sempre d’obbligo abbandonare le scarpe vicino all’uscio e capita di doverlo fare anche in alcuni ristoranti e nelle parti interne dei templi. Normalmente ci sono a disposizione delle pantofole (anche nei luoghi pubblici) da usare per il tempo necessario. Ora, queste ciabattine, a disposizione dell’universo mondo, possono fare un certo ribrezzo a noi sporcaccioni occidentali. Attrezzarsi con dei calzini antiscivolo da tenere in borsa e da usare al bisogno può essere una buona soluzione. Può anche accadere che gli stessi calzini, ormai putridi, servano, sulla via del ritorno, come cuscinetto anti-piaga sotto la tracolla del pesantissimo bagaglio a mano ma questa è tutta un’altra storia.
Divieto di fumo
I divieti antifumo vigenti in Italia sono bazzecole a confronto delle severissime ristrettezze nipponiche. È assolutamente vietato fumare in tutti i luoghi pubblici e anche per strada. Sia al chiuso che all’aperto esistono comunque delle zone fumatori opportunamente segnalate, delimitate e isolate. Ho trovato inquietanti i box di plexiyglass posti all’esterno delle stazioni o agli incroci di grandi vie: da fuori, in mezzo a nuvole di fumo, si scorge un’umanità varia che, in silenzio, compie gesti automatici e stanchi.
Il Maestro Miyazaki
Tante volte mi sono chiesta perché molti giapponesi che ho conosciuto abbiano per l’Italia un’autentica passione. In apparenza le diversità culturali e comportamentali sono tali e tante che dovrebbero solo marcare la distanza. Eppure la chiave di comprensione risiede esattamente nella percezione della differenza: l’Italia rappresenta quel mondo possibile in cui la creatività è disordine, i colori ti abbagliano, gli odori ti stordiscono, le emozioni fluiscono. Non è un caso che in molti film di Hayao Miyazaki ci sia il riferimento al nostro paese, come spazio altro, da cui potere trarre quell’ispirazione autentica che nel rigore diventa forma perfetta.
Si alza il vento
Nell’ultimo film del maestro, Si alza il vento, si racconta la storia di Jiro appassionato di aerei da guerra che, ispirato dal lavoro dell’ italiano Gianni Caproni, alla fine degli anni venti diventa ingegnere ed entra in una grande multinazionale. Sullo sfondo la grande depressione economica del 1929, l’epidemia di tubercolosi di quegli anni e la partecipazione del Giappone alla Seconda Guerra Mondiale. Immancabile, nella trama della narrazione, una storia d’amore tenera e tristissima. Nel periodo in cui ero in Giappone il film era in moltissime sale. Non potevo non vederlo, anche se ovviamente in lingua originale. Forse l’essenza del genio risiede nella capacità di comunicare al di là della comprensione letterale?
Sicuramente l’essenza di ogni viaggio è riuscire a vedere noi stessi attraverso gli occhi degli altri.
“In the mood for Japan” finisce qui.
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